giovedì 31 gennaio 2008

THE MANDALA PROJECT



Il vuoto come forma

In questa nuova fase di espressione artistica credo di essere riuscito a conciliare qualsiasi disputa tra astrazione e figurazione, e nel piacere della esecuzione mi sono reintrodotto nella tradizione della pittura, sempre rimanendo nelle espressioni tipiche delle filosofie orientali: ho adattato la mente ad un linguaggio evocativo, sospeso tra espressioni del reale e invenzioni del sogno, arricchendo la materia povera con simbologie che assomigliano ad antichi reliquari, custodi di rapporti preziosi e di arcaismi simbolici, nell’oro degli sfondi e nelle citazioni di alcuni elementi di sommarie filosofie orientali, nelle quali si ritrova il concetto affascinante della reciprocità degli elementi, che assurgono a metafora: l’equilibrio tra essi simboleggia l’equilibrio sociale, ambientale, umano.

Non sempre nel MANDALA sono rappresentate immagini di divinità: una foglia, un fiocco di neve, un’immagine, un viso, un fiore si costruiscono con la stessa perfetta armonia di un mandala, ed anche il rosone ha una perfetta struttura mandalica, come anche la costruzione labirintica ci riporta ad un sistema mandalico, concentrandosi sulla esistenza di diverse vie di entrata, ma su un’unica via di uscita, la “via dell’illuminazione”.

La citazione poi dell’antico documento notarile, ci porta a riconsiderare l’affermazione zen della impermanenza, per cui niente è più reale del momento che stiamo vivendo ora, perché il passato è già domani e il domani è già passato.

lino alviani, 2006